In occasione della Mostra mercato della patata di Mareto, Lucia Longinotti del profilo Instagram “Appenninicamente” ci porta tra alcune delle vallate più belle di Piacenza: a cavallo tra la Val Nure e la Val Trebbia, raccontando i posti e le persone che le vivono

Un nuovo profilo Instagram ci ha rubato l’occhio nelle ultime settimane cercando foto e trekking sul nostro territorio, stiamo parlando di “Appenninicamente”, una nuova realtà che ci porta sulle nostre montagne, gestito da Lucia Longinotti, una giovane Guida GAE di Piacenza.

Per parlare di lei e dei suoi trekking approfittiamo della sua prossima escursione “Trekking tra il Monte Aserei e Malga Miceli” (la prossima sarà “Pietra su Pietra” tra la costa di Predalbora e la il Monte Pennula, sempre in Val Nure), in occasione della Mostra mercato della patata a Mareto che avrà luogo domenica prossima a partire dalle 9 del mattino, andando oltre alla semplice parte legata alla camminata in programma, ma arrivando a parlare di storie e tradizioni di questo angolo di Appennino.

Nure e Trebbia, storia e tradizione: sull'Aserei con "Appenninicamente"
Lucia Longinotti

Val Nure e Val Trebbia, tra persone, storie e trekking

Il trekking previsto per domenica ha una fortissima base legata al territorio, infatti come ci spiega qua di seguito Lucia, tutta la giornata è dedicata alla scoperta del territorio sotto diversi aspetti. Con la “scusa” dell’escursione si parlerà di come la zona della montagna è cambiata nel corso dei decenni, dal punto di vista sociale e economico scoprendo cose che per molti sono sconosciute.
Tutto questo ce lo racconta di seguito Lucia Longinotti.

Saliamon tra Val Nure e Val Trebbia sull’Aserei e verso Malga Miceli. Raccontaci questo trekking!

Il trekking parte da Mareto e porta alla cima del monte Aserei attraverso la Via degli Abati e il Sentiero dei celti e dei liguri. Da lassù il panorama è un invito alla bellezza: lo spartiacque tra Val Nure e Val Trebbia apre una vista a 360 gradi e la variabilità degli ambienti attraversati è davvero unica: pascoli d’altura, querceti, pinete (con i formicai giganti della formica rufa), torbiere, ofioliti, e tra questi trovano spazio i resti dei tentativi di rilancio dell’economia agricola di montagna.

Si scende poi ai Nicelli, feudo dell’omonima famiglia nobiliare che ha lasciato nella nostra valle un patrimonio architettonico diffuso a scacchiera in tutti i punti strategici e, da lì, si rientra alla festa in tempo per convegno, vino, torta di patate e musica.

Come mai la scelta di collegare un trekking all’occasione della Mostra mercato della patata?

Questo trekking è nato grazie al Comune di Farini e alla Pro loco di Mareto. Ho incontrato il Sindaco Marco Paganelli e dal confronto è arrivata la proposta di costruire un nuovo momento per questa tradizionale Mostra Mercato che esiste da 57 anni. Voleva un modo e un linguaggio in più per poter vivere questa giornata. Mi ha parlato per primo delle malghe di Mareto e di quella di Miceli solleticando la mia curiosità e la passione per i fuori traccia.

Nure e Trebbia, storia e tradizione: sull'Aserei con "Appenninicamente"
Tra Trebbia e Nure passando per la Via degli Abati

Il paesaggio è meraviglioso ma la storia che ci sta dietro è davvero incredibile e corre lungo i secoli. Immaginare che la cima dell’Aserei fosse ricoperta da una foresta di aceri pare impossibile eppure è così, immaginare che li si producesse un formaggio di capra, e che un professore sia salito fin lassù per insegnare le tecniche di coltivazione della patata sembra impossibile ma, a quanto pare, lo è fino a quando qualcuno non lo rende possibile.

Una giornata legata alle tradizioni. Per te questo è un filo conduttore che lega il tutto per continuare a vivere la montagna?

Si, probabilmente la tradizione è un mio modo di leggere il territorio, così come gli aspetti antropologici, storici, artistici. Mi piace capire da dove si arriva e in questo ho due mentori importantissimi che sono Carmen Artocchini e Claudio Gallini. Lavorare sul folklore ti permette di sentire l’eco delle voci del passato, soprattutto quelle femminili, che in certi contesti erano poco rappresentate.

Leggere il territorio e capirne l’evoluzione è uno strumento in più per sentirsene parte e per diventarne parte viva. Non è passatismo ma voglia di approfondire le radici perché la chioma possa diventare più forte e grande. La montagna è un luogo rituale e i riti sono fenomeni collettivi, di comunità, aggreganti e di fronte a scenari che ci vogliono sempre più individui isolati riscoprire quei momenti di vita comune ricorda che da soli si va poco lontano.

Nel racconto del recupero della memoria mi hai parlato di una figura che incarna questo legame con la tradizione, una donna ultracentenaria. Ce la presenti?

La memoria delle persone è come una finestra aperta sul territorio. Incontrare la signora Maria, residente nel paese di Nicelli, 101 anni, così come la famiglia di Pietro Chiappelloni, ha dato la luce giusta a una storia che difficilmente si trova nei libri. Cercavo riferimenti storici rispetto alle malghe di Nicelli e Mareto, del caseificio, del tipo di allevamento della zona, di quali siano state le cause che hanno portato alla fine di quell’esperienza e davanti a me, piano piano, i fotogrammi si sono srotolati.

Una bambina che insieme alle sue coetanee andava dietro alle pecore al pascolo e che ricorda assi piene di forme di formaggio di pecora, i raviggiuoli. E poi dopo la guerra arrivano i tentativi di rilancio dell’economia di montagna con i piani “Miglioramento pascoli” e con la produzione di formaggi vaccini affidata ad un casaro di San Secondo Parmense.

Tra Trebbia e Nure verso l'Aserei
Il trekking di domenica tra Trebbia e Nure verso l’Aserei

Prima una gestione cooperativa, poi l’intervento dell’Università Cattolica e infine un privato che tentano la produzione di fontina, provolone e grana a 1000 mt. E poi i racconti della realizzazione del fontanone di Mareto e della strada di collegamento verso la Sella dei Generali, opere militari realizzate quando a Mareto si organizza per qualche tempo un campo di addestramento e di tiro, osteggiato dalla gente di montagna, che però tiene in casa, gelosamente custodita, la foto di un giovane Gianni Morandi, che in servizio di leva, si ritrova lassù per qualche giorno. Sono aneddoti che danno la misura di ciò che era la nostra montagna.

Una montagna piena di persone ma soprattutto di bambini: la signora Maria mi ha sgranato un intero rosario di nomi di nati come lei nel 23, raccontandomi che la piazzetta davanti all’osteria era sempre piena di monelli. Praticamente inimmaginabile. E poi stringendomi forte le mani, come faceva mio nonno quando doveva dirmi qualcosa di importante, mi ha lasciato ciò che probabilmente è la verità di questa terra, poche parole che racchiudono tutto: non avevamo niente ma ci divertivamo tanto.

Tornando su di te: sei una guida GAE da qualche mese, cosa ti ha portato a questo percorso?

Tutto inizia la notte dei tempi,quando ancora bambina, passavo estati selvagge dai nonni. È li che per la prima volta ho sentito di essere davvero libera, quando mi sbucciavo le ginocchia scappando nei boschi con una ciurma di ragazzini come ne “Il signore delle mosche”. Sono sempre andata in montagna, spesso all’avventura ma da un paio d’anni è arrivato forte il bisogno di tornare a casa e alle radici.

Così, tornando su queste montagne, ho iniziato a collaborare come volontaria con il Museo della Resistenza e al progetto dei Sentieri della Libertà capendo quanto è intenso camminare insieme e raccontare il territorio che viviamo. Da li il caso ha voluto che iniziasse il corso per diventare guida ambientale escursionistica e ho deciso di provarci. È stato un percorso meraviglioso che mi ha regalato persone appassionate e vive ed un paio di insegnamenti che ho fatto miei: ” Da adesso dovrete studiare sempre” e “Guida è l’unica professione che è declinata solo al femminile”. 

Nure e Trebbia, storia e tradizione: sull'Aserei con "Appenninicamente"
Una vista da un trekking di Lucia Longinotti

Da poco è nato anche il profilo Instagram ed è da lì che ci siamo conosciuti. Quanto ti sta aiutando questo strumento che all’apparenza è così lontano dalla storia e dalle tradizioni che ami raccontare?

Appenninicamente è un profilo Ig ma anche un po’un alter ego per superare l’atavica riservatezza montanara. Quando sono diventata guida ho cercato un concetto che potesse esprimere il modo in cui avrei provato a raccontare l’Appennino perché è questo il territorio che sento più vicino e so che merita di essere riscoperto. La terra di Caproni, di Braibanti, di Dino Campana, Guccini e di una grande epica contadina che ascoltavo nelle storie del nonno, ha sempre avuto una grande fascinazione su di me. La tradizione del raccontare storie era forte nella mia famiglia dove si faceva filos nelle stalle e sotto le stelle.

Ho ereditato quei racconti e mi piace l’idea di intrecciare i libri e le storie locali anche per far si che non si perdano nel tempo. Per trovare queste storie è ancora più importante costruire una rete sul territorio e ad oggi i social sono stati uno strumento importantissimo per abbattere le distanze, collaborare e incontrarsi. Ho costruito le escursioni con realtà conosciute su Instagram che rappresentano il presente di questa montagna perché non mi piace che si declini questo territorio solo al passato avendo esso una parte viva e resistente che ha scelto di restare e tornare per immaginare un futuro per questi luoghi.

Potete contattare Lucia attraverso il suo profilo Instagram @appenninicamente oppure tramite mail appenninicamente@gmail.com o al numero 3407435781.

Tutti gli altri articoli sul mondo del trekking, li trovate nella nostra rubrica “camminatori seriali”!

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