Intervista all’autore del libro “Un pizzico di P.e.p.e.” si racconta ad Edizioni Officine Gutenberg
Da qualche tempo tra i libri stampati dalla nostra casa editrice c’è anche quello di un giovane scrittore piacentino, Giorgio Soncini. La sua è una raccolta di poesie che ha già visto un paio di presentazioni e che oggi esploriamo meglio.
Giorgio Soncini nelle sue poesie tra tempo, cambiamenti e un posto speciale!
Abbiamo voluto arrivare a questa intervista con Giorgio sul suo libro “Un pizzico di P.e.p.e.” perchè dopo averlo conosciuto e letto le sue poesie, abbiamo capito che all’interno delle sue parole ci sono molti concetti che da un lato sono molto semplice, ma dall’altro lato altrettanto profondi.
Ecco come ha risposto Giorgio Soncini alle nostre domande!
Giorgio, come e quando nasce il tuo libro di poesie “Un pizzico di P.e.p.e.”?
La prima poesia l’ho scritta alle elementari, negli anni ’90, si intitolava “Dov’è il sole?”. Fin da bambino son stato cresciuto lontano dagli schermi, la televisione si guardava pochissimo in famiglia. Tutt’ora, anche abitando da solo, devo dire che è rimasto lo strumento elettrico meno utilizzato in casa. Il tempo fin da bambino lo trascorrevo così, facendo esperienze dirette che di volta in volta mi accrescevano, negli sbagli e nei successi, nelle felicità e nei dolori, e che molto spesso mi creavano domande a cui cercar risposte, curioso.
Più di una volta provavo emozioni dentro di me che non riuscivo a spiegare, oppure, che manifestavo con comportamenti inadeguati, forse proprio perché non avevo la “chiave di lettura” di ciò che mi succedeva, del perché qualcosa o qualcuno suscitasse in me determinate reazioni, mi mancava quel collegamento tra il mio essere e il mondo esterno. Così di tanto in tanto scrivevo pensieri, poesie e riflessioni, cercando di fissare quelle emozioni, per capirle.
Si sa che la vita è ciclica e che spesso ci riporta in medesime situazioni e medesime sensazioni già vissute, dunque quando mi ritrovavo a quel punto andavo a ricercare quegli scritti, per rileggerli, confermarli, oppure stravolgerli o talvolta completarli. Così per tanti anni. Iniziavano a diventare per me un “vade mecum” per sbrigliare ogni situazione emotivamente complessa, tanto che capitava che ne citassi qualcuno a memoria a persone che valutavo trovarsi nel medesimo stato emotivo di quando lo avevo scritto quel pensiero, quella poesia. E funzionava, tanto che qualcuno mi chiedeva l’autore!
Su consiglio di persone a me molto vicine il 13 gennaio 2021, anniversario di morte della mia nonna materna Carolina, ho iniziato a raccoglierli tutti, poi a 100 mi sono fermato, ho collaborato con Lorenzo e Pietro di Officine Gutenberg, e il 13 giugno 2021, 40° anniversario di matrimonio dei miei genitori Franco e Antonella, in 6 mesi è uscito il libro! Chi mi conosce sa che a me piacciono molto i numeri e i giochi di parole, ecco perché “Un pizzico di P.E.P.E.” non è un libro di cucina, ma l’inizio da cui parto per presentare il mio libro tra la curiosità degli interlocutori.
Il tempo é uno dei temi centrali. Qual é stato il momento in cui hai cominciato a vederlo sotto un’altra ottica?
Lavoravo come supervisore logistico di un noto corriere espresso, e troppo spesso mi capitava di finire i lavori che mi venivano commissionati nella metà del tempo richiesto, così li consegnavo prima, ma la risposta del Direttore era sempre la medesima “Ora non ho tempo, le ho dato la data di consegna? Ci vediamo allora”.
Il lavoro era terminato, ma dovevo aspettare per consegnarlo, e per averne di nuovo. Da lì in avanti iniziavano quelle giornate interminabili, in cui timbravo, mi recavo seduto in ufficio e lì stavo per 8 ore, aspettando la data di consegna del lavoro. Ricordo che andavo persino da colleghi chiedendo se avessero qualcosa da farmi fare, ma nessuno sembrava volersi far aiutare.
Così quando tornavo a casa a sera mi sentivo deluso, pensavo che quelle 8 ore utilizzate così erano veramente sprecate, iniziavo a pensare cosa avrei fatto l’indomani con 8 ore libere, e pensavo agli amici, alla famiglia, alla mia casa, a viaggi, a escursioni, a esperienze, a tutto fuorché timbrare e stare 8 ore a far nulla, innescando l’invidia di qualcuno che invece avrebbe pagato per trascorrere le giornate così, non io.
Fu proprio in quel momento che razionalizzai: “L’unica cosa che nella vita spenderemo sempre, senza acquistarne mai, è il tempo”. Così mi licenziai dopo mesi, scelta forse indotta o solo innescata da una sindrome di “burnout”, alla ricerca del mio tempo perduto perché, come dice una bellissima frase di Michael Altshuler, “La brutta notizia è che il tempo vola. La buona è che il pilota sei tu.”.
Parlando con te lo hai definito un libro “circolare “. Ci spieghi meglio il concetto?
“Circolare” nel senso che mi capita spesso di rileggere certi pensieri, o addirittura di ricercarli in determinate situazioni emotive identiche ad altre volte già vissute, perché la vita è proprio così, ciclica, quindi ci sono emozioni e sensazioni che ritornano, ed ecco che in queste pagine trovo sempre la chiave per ri-capirle, ri-gestirle, ri-affrontarle, risolverle.
Sebbene la vita sia ciclica, però, non è statica, quindi situazioni vissute medesime dopo aver fatto altre esperienze ed aver acquisito altre consapevolezze di sé e del mondo, talvolta, non porta a medesime riflessioni, ma certi pensieri possono essere completati o addirittura stravolti. Mi piace pensare di aver creato dei “pensieri pensanti”, ovvero che possono modificarsi in base alle esperienze dirette che noi viviamo e che ci rimettono in gioco in azioni e parole.
Tornando sul tempo, come riesci nella tua vita a gestire da un lato la velocità della quotidianità con i ritmi che invece dovrebbero essere più “umani”?
Semplicemente scegliendo, quando posso, di vivere con i ritmi della natura. Mi piace molto la montagna e il suo spirito, tutto sembra avere un valore diverso, anche il tempo. Ci si riposa quando si è stanchi, si mangia quando si ha fame, si beve quando si ha sete, si dorme quando fa buio, e alle prime luci del sole si riprende il cammino nella direzione dove vogliamo andare. La montagna è una scelta, non è un obbligo.
La società di oggi, invece, ci spinge a correre verso qualcosa che sembra allontanarsi sempre e non avvicinarsi mai, e anche quando ci sembra di averlo raggiunto, in realtà non possiamo fermarci a goderne, perché dobbiamo già ripartire per rincorrere qualcos’altro, perché dobbiamo avere sempre di più di ciò che si desideriamo, senza mai fermarci, senza mai goderne.
Oltre al libro mi hai parlato di un posto, la Pietra Parcellara. Che significato ha per te?
Bhe, se ti dicessi che ad oggi le mie ascese in cima sono state 218, ci crederesti? Per me è un posto magico, quasi con dei poteri soprannaturali dati dal magnetismo delle rocce, serpentino di ofiolite nero, che sembra curare e riequilibrare le energie del mio organismo, a partire dai pensieri fino alle ossa e ai muscoli.
La cosa che mi colpì di più le prime volte che andai era il fatto che era una montagna diversa da tutte le altre, era unica se paragonata a quelle circostanti, e poi, come spesso ho scritto riferito alla Pietra, “Tu, sempre la stessa. Tu, sempre diversa”.
Per me è quel posto dove so che ritrovo sempre il mio essere interiore, un poco diverso da quello che era ieri e a quello che sarà domani, quindi per me è un piacere ogni volta ritornare, non necessariamente solo, anzi, quest’anno il 10 luglio in occasione del tramonto al novilunio, nonché della seconda presentazione ufficiale del mio libro, eravamo in 40!
Altro tema che torna, e che forse é centrale, é quello del cambiamento. Tu più che viverlo, lo cerchi. É così?
Che dire, a questo punto dell’intervista mi sta salendo un po’ di emozione, perché io e te, Lorenzo, ci siamo visti solo due volte, il primo giorno che sono venuto in Officine Gutenberg, quando ancora avevo solo un’idea di quel che mi sarebbe piaciuto realizzare, e l’ultimo, quando prendendo su una copia del mio libro mi hai detto “Lo leggo e poi ti faccio qualche domanda”.
Devo ammettere il mio stupore, nonché la mia felicità, di comprendere che tutto quello che c’è scritto al suo interno è arrivato diretto a te, sembra che tu mi conosca da sempre! Ebbene sì, mi piace il cambiamento, perché mi dà nuovi stimoli e nuovi punti di vista, mi permette di scoprire cose nuove anche stando fermo, cambiando talvolta solo gli occhi, appunto come diceva Marcel Proust.
La cosa che davvero più desidero nella vita è spendere il mio tempo per fare esperienze che in un modo o nell’altro mi possano far cambiare in qualcosa di migliore, la curiosità porta alla più grande conoscenza, scartare qualcosa a priori o per comodità non porterà mai al pieno raggiungimento di tale elevazione, fisica, mentale e spirituale, dunque io preferisco cambiare, in meglio! Vedo il cambiamento come qualcosa di positivo verso cui, e non come distaccamento da, come un’evoluzione, come un divenire.
Tutto il libro é un viaggio all’interno di sé e un consiglio a farlo. Tu che viaggio hai fatto per arrivare a scrivere tutto questo?
Ricordo che ero alle scuole medie quando, coricato sul mio letto, iniziai a pensare “Chi sono? Perché posso muovermi? Cos’è quest’energia che mi permette di fare ciò, di muovermi e di pensare?”, e non intendevo allora rispondermi a livello biologico, fisiologico e neppure bio-meccanico, non ne avrei avute né le basi né le conoscenze, ma intendevo semplicemente muovere il primo passo di un viaggio all’interno del mio essere, con gli occhi e la curiosità di un bambino quale ero, e quale sono.
Più di una volta nella vita mi sono sentito diverso dagli altri, talvolta anche inadeguato in certe circostanze, incompreso, e questo mi faceva soffrire, spesso non riuscivo a capire il perché, ma soffrivo. Troppo spesso giudichiamo gli altri senza prima essere passati dentro di noi, troppo spesso ci diamo giustificazioni piuttosto che snocciolare i problemi e quindi risolverli. Ecco che per poter comprendere meglio le cose intorno dobbiamo avere piena padronanza e conoscenza di noi stessi, per conoscere gli altri e il mondo prima dobbiamo conoscerci! Tutto parte da noi, e tutto ritorna a noi, prima o poi.
Come Platone, Aristotele, Eraclito, Parmenide, e tutti quei filosofi greci che trascorrevano le loro giornate alla ricerca di risposte, anche io nel mio piccolo sono alla ricerca dell’“Archè”, con un occhio all’essere ed uno al divenire.
Un accenno alle grafiche del libro, lo facciamo?
Questa mattina ho scritto a Beatrice Riva, mia amica e artista, nonché “Strategic designer e illustratrice”. Essendo lei l’autrice della grafica di copertina volevo che rispondesse direttamente lei: “Ho disegnato la copertina pensando a quello che avevo letto del tuo libro, ma ancor più a quello che ho conosciuto di te, e subito mi è venuta in mente un’esplosione di sentimenti ed emozioni, come sei tu! Chi ti conosce dall’esterno vede solo una pepiera, ma chi decide di entrare nel tuo io più profondo, di conoscere i tuoi contenuti senza limitarsi al contenitore, capisce ben presto che ne basta “un pizzico” per immergersi in un’atmosfera di colore, vividezza e felicità, come se dal suo interno fuoriuscissero fuochi d’artificio”.