L’autore dei testi del nuovo “Quella sottile linea rossa” ci parla della nuova uscita in libreria ed in edicola con Libertà
L’emergenza Covid19 non è terminata ma testimoniare il primo anno di questa terribile pandemia, Ausl Piacenza ha deciso di portare tante testimonianze a futura memoria. A seguire dall’inizio questo percorso e a mettere in lettere quello che stava succedendo, è stato Emilano Raffo.
Emiliano con le sue parole ha raccontato, anche grazie alle foto di Michele Cinotti e Silvia Barbieri, tanti momenti dell’ondata che ha travolto tutti noi ed in particolare chi è “in trincea” ogni giorno. Un percorso che parte da quel 21 febbraio e di cui abbiamo chiesto un po’ di cose all’autore.
Quando avete cominciato a pensare di raccontare quello che è successo in questi 12 mesi?
Tra fine e luglio e inizio agosto, quando lo spettro di una seconda ondata si stava avvicinando a piccoli passi, in modo subdolo.
Quale è stato il momento più difficile di questo lungo periodo?
Interpretando una sorta di “voce comune” di tutti gli intervistati, direi – con poca fantasia – il mese di marzo del 2020. In febbraio il virus era entrato nelle nostre vite, ma in quei pochi giorni prima di marzo aleggiava ancora una sensazione di diffuso scetticismo. La gente non era in panico, non affollava il pronto soccorso. Quando la tensione dei nostri professionisti ha trovato piena giustificazione nell’emergenza definitivamente esplosa, credo che la nostra città – al di là degli “andrà tutto bene” – sia sprofondata in uno dei momenti più bui e devastanti della sua storia.
L’inizio è stata una vera e propria ondata. Cosa vi ha tenuto in piedi in piedi in quei giorni?
Le competenze, il senso di responsabilità, la fibra umana. Anche un mero istinto di sopravvivenza. In quel momento ogni distanza comunicativa si è ridotta. Pur dovendo rimanere lontani e proteggersi, medici e sanitari hanno stretto un patto – sia ideale che tangibile – fortissimo. Un patto umano e professionale: ce la dobbiamo fare. Per la gente, per i nostri figli, per noi.
Dal punto di vista tecnico, com’è cambiato il lavoro di chi tutti i giorni opera “sul campo”?
Per alcuni è stato letteralmente stravolto. Sono nate le Emergenze, interi reparti sono stati temporaneamente messi in stand-by o hanno marciato a regime ridotto. Tanti medici hanno messo da parte “le specialità” per riscoprire la missione medica in senso lato. La cura, la ricerca, la scoperta. Tutte dimensioni “sacre” della professione medica, ma vissute con un carico di tensione fisica e psicologica che ha sfidato ogni singolo individuo.
Vediamo tanto materiale fotografico. Avete capito subito che bisognava testimoniare questa storia anche attraverso volti e sguardi quello che stava succedendo?
E’ stato importante farlo – quando possibile – con ogni cautela. Anche il nostro fotografo, ad esempio, che conosce l’Azienda come le proprie tasche, ha visto trasformato il proprio lavoro. Tuttavia, era importante ipotizzare un modo – anche più brutale del solito, meno mediato – per racchiudere in immagini questa tragedia. Anche perché – e lo abbiamo constatato a livello nazionale – uno scatto immortale eccita corde che la parola scritta raggiunge con più tempo e fatica, con una capacità persuasiva meno immediata.
Cosa dobbiamo assolutamente portarci dietro da questa tragica esperienza quando saremo vicini alla normalità?
Ritengo che questa sia la grande domanda. Se la fine della pandemia – o una sua fase decisamente attenuata – sarà interpretata solo come la fine di un incubo, siamo nei guai. Se viceversa, sarà vista soprattutto come un travaglio umano profondissimo attraverso cui ripensare, gioco forza, la nostra vita individuale e comunitaria, allora saremo sulla buona strada. Il dolore di quest’ultimo anno non può e non deve essere vissuto come l’oggetto alieno che si è frapposto fra noi e la normalità, bensì come il volto oscuro – più nero del catrame – della nostra vecchia “normalità”.
Il nuovo “Quella sottile linea rossa”, edito dalla nostra casa editrice Edizioni Officine Gutenberg, lo trovate in libreria e in edicola insieme al quotidiano Libertà, e sul nostro “negozio” on line.